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Tra innovazione e nodi strutturali, il mondo dell’acqua raccontato da due imprenditori del settore

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Il settore degli sport acquatici in Italia si trova oggi ad affrontare una fase di transizione che alterna segnali incoraggianti a nodi strutturali ancora irrisolti. Se da un lato la pratica sportiva in acqua registra una buona tenuta, con nuove fasce di utenza che si avvicinano al nuoto e al benessere acquatico, dall’altro permangono criticità sul fronte della distribuzione, delle infrastrutture e dell’adattamento ai nuovi comportamenti di consumo. Il quadro internazionale, con tempi di consegna sempre più instabili e tensioni geopolitiche, complica ulteriormente il lavoro degli operatori.

STEFANO GEMINIANI – AQUARAPID

D: Qual è la situazione attuale del settore nuoto e sport acquatici in Italia?

R: Il settore dal punto di vista della pratica sta anche vivendo un momento positivo, ma la distribuzione soffre: il consumatore ha cambiato priorità, esigenze e modo di spendere, e i retailer devono adattarsi. La situazione è aggravata dalle ripercussioni del “long Covid”, per cui il settore non ha ancora assorbito completamente l’impatto legato alla pandemia e il fermo di quegli anni

D: Come si sono evolute le abitudini dei consumatori?

R: Il consumatore spende in modo diverso, in generale destina meno budget all’abbigliamento, a maggior ragione quello tecnico-sportivo e riutilizza per più stagioni uno stesso costume.

Ad oggi il mercato è confuso e incerto. C’è anche una generazione in crisi. Fino agli 8-10 anni si praticano sport acquatici, poi a meno che non si prosegua con l’agonismo, i ragazzi abbandonano per dedicarsi ad altro.

C’è poi un ritorno agli sport acquatici per la fascia degli over, di fresco approdo all’età matura che hanno il vantaggio di disporre di molto tempo libero,  essere un target spesso altamente spendente, essere alla ricerca di prevenire patologie della vecchiaia e puntare sulla salute e sulla longevità protratta.

D: Qual è il ruolo dei marketplace online?

R: I marketplace online nel mondo acquatico non impattano in maniera significativa perché ancora il costume vuole essere provato dal consumatore prima di essere acquistato ma sicuramente è un fenomeno in crescita perché il covid ha modificato le nostre esperienze di acquisto. A ciò contribuisce un numero di referenze sempre più ridotto nei punti vendita: l’unico modo per contrastare l’online è specializzare il negozio.

D: Quali criticità infrastrutturali emergono nel settore?

R: Rimane la criticità delle infrastrutture in questo mondo. Si parla tanto di stadi e impianti fatiscenti nel nostro paese perché in questo siamo culturalmente molto sudamericani, ma moltissime piscine in Italia sono fatiscenti e obsolete. Ad esempio rispetto alla Francia siamo indietro di 50 anni. Loro hanno rifatto per intero l’impiantistica con i soldi pubblici e poi le infrastrutture sono state date in concessione ai privati.

D: Qual è il contesto internazionale e le implicazioni logistiche?

R:Sicuramente il contesto internazionale non aiuta , ma al di là della situazione Trump-Dazi, il problema è che le navi impiegano 3 mesi a consegnare la merce, il che rende la programmazione sempre più incerta e un calendario d’acquisti fatto al buio.

MARCO TORNATORE – AQQUATIX

D: Qual è l’attuale andamento del settore?
R: L’andamento del settore è decisamente positivo e, in generale, continua a crescere. Sul mercato italiano la nostra azienda ha registrato un +28% al primo semestre dopo che avevamo chiuso il 2024 a + 16%, dati che dimostrano quanto ci sia fermento. Anche i mercati esteri si stanno muovendo molto bene, pur se con qualche eccezione. Il nostro mercato principale è quello francese, che purtroppo in questo momento è in standby a causa della crisi economica e politica che sta vivendo il Paese. A differenza dell’Italia, in Francia le piscine pubbliche non vengono concesse facilmente a privati, ma per quasi il 90% restano sotto la gestione diretta delle municipalità. Questo significa che, in tempi di crisi, i budget vengono congelati e i progetti si bloccano.

D: I grandi eventi possono avere un impatto positivo in Italia come quello avuto in Francia?
R: Sì, assolutamente. Le strutture francesi rappresentano l’emblema di un diverso approccio culturale. In Francia, gli impianti sono stati modernizzati con criterio e visione a lungo termine. Certamente le Olimpiadi hanno giocato un ruolo fondamentale nel dare un’accelerazione, ma sono stati lungimiranti nel dotarsi di impianti validi, pensati per durare e per essere fruibili anche dopo i Giochi.
Purtroppo, da noi accade spesso il contrario. Per fare un esempio: in vista dei Giochi del Mediterraneo a Taranto (agosto 2026) è stata progettata una struttura che rischia di diventare una cattedrale nel deserto. È sovradimensionata rispetto alle esigenze del territorio, pensata solo per le discipline natatorie e non per altri bisogni della collettività, rivelandosi in prospettiva poco accessibile e costosa da mantenere.

In generale gli impianti natatori sono energivori: necessitano di aggiornamenti continui e manutenzione costante, ma in Italia mancano sia le risorse economiche sia la “cultura” nell’ affrontare il problema.

In Italia resta poi la criticità legata alle tariffe. L’amministrazione comunale impone al gestore di applicare tariffe calmierate per garantire accessibilità a tutti. Ma spesso si tratta di tariffe che non coprono i reali costi di gestione. Ed è qui che si genera il corto circuito economico.

D: Il Covid ha lasciato ancora tracce nel settore?
R: Il mondo degli sport acquatici oggi viaggia a due velocità. Ci sono realtà che, dopo il Covid, sono riuscite a rivedere i propri piani industriali, adattarli e aggiornarsi. Queste realtà, oggi, offrono servizi innovativi e non risentono più degli effetti della pandemia. Ma ci sono anche realtà che,  non necessariamente per mancanza di visione bensì, quanto piuttosto per una limitata disponibilità economica, non hanno avuto la possibilità di rinnovarsi: e in quei casi, il peso del Covid si fa ancora sentire. Oggi, per queste seconde realtà la vera emergenza sono i rincari energetici, solo in parte compensati dai generosi sostegni governativi.

D: Come si posiziona il settore rispetto alle innovazioni tecnologiche?
R: Il mondo della piscina è sicuramente più lento ad assorbire le innovazioni tecnologiche rispetto, ad esempio, al mondo del fitness. Questo è dovuto anche al fatto che la maggior parte degli impianti è di proprietà di enti pubblici che affidano le piscine a privati a condizioni non sempre sostenibili, con il soggetto gestore che punta solo a risparmiare senza la possibilità o capacità di investire su innovazione, manutenzioni e tecnologia; se poi gli impianti sono direttamente gestiti da enti pubblici, le logiche di aggiornamento e investimento sono ancora più complesse.

Dal confronto con due protagonisti del comparto – Stefano Geminiani di Aquarapid e Marco Tornatore di Aqquatix – emerge con chiarezza un settore che, pur tra molteplici ostacoli, mostra dinamismo e voglia di crescere. La consapevolezza delle criticità infrastrutturali, la necessità di una gestione più sostenibile degli impianti e il bisogno di un dialogo nuovo con i consumatori – sempre più attenti al valore, alla funzione e alla qualità del servizio – contribuiscono a delineare le priorità future per lo sviluppo del settore.

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