Approfondimento a cura di Silvia Moretto, CEO DB Group, azienda associata Assosport, e Presidente Fedespedi
Cosa sta succedendo da quasi due anni nelle filiere di approvigionamento globali? Perché i servizi di trasporto internazionale hanno oggi costi elevatissimi nonostante il drastico peggioramento delle tempistiche di trasporto e consegna?
Sono queste le domande che le imprese di spedizioni internazionali – che ho l’onore di rappresentare come Presidente di Fedespedi – ricevono dalle imprese produttrici che si affidano all’industria logistica per pianificare e organizzare la propria strategia di import/export.
Nelle risposte a queste domande sta tutta la strategicità e la complessità che caratterizza il mondo del commercio internazionale e dell’industria logistica. Se cerchiamo di rappresentare visivamente l’industria logistica, l’immagine più adeguata è quella della catena o del network: un network di operatori, servizi e infrastrutture che supportano la movimentazione fisica delle merci nel mondo attraverso i confini delle diverse nazioni che funziona correttamente se tutti gli anelli che la compongono sono integrati e sincronizzati. Proseguendo con la metafora, possiamo dire che i fenomeni a cui stiamo assistendo – congestionamenti delle filiere, aumento dei costi, ritardi e incertezze – sono gli effetti combinati di fattori esogeni ed endogeni che hanno interrotto la corretta integrazione degli anelli della catena, provocando una vera e propria “disruption” nelle dinamiche di mercato a cui eravamo abituati.
Il lockdown è stato sicuramente il fattore di detonazione di questi fenomeni: nei primi mesi del 2020 abbiamo assistito al blocco della produzione in Cina e al lock down massivo in molti paesi, e al crollo generalizzato della domanda di trasporto con rallentamenti nell’operatività dei principali hub portuali. A questo, le compagnie marittime hanno risposto con strategie di ottimizzazione dei costi e dei propri servizi riducendo l’offerta (per seguire la dinamica discendente della domanda), tagliando il numero delle toccate nei porti internazionali e ripianificando day-by-day i viaggi delle navi, con conseguente aumento dei costi degli spazi a bordo.
Con la ripresa delle attività principali e lo stop alle misure più drastiche di contenimento dell’epidemia a livello Mondo, la domanda di beni, di servizi, e di trasporto ha registrato tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate del 2020 un vero e proprio boom a cui non ha corrisposto, però, un adeguamento dal lato dell’offerta nel settore del trasporto container via mare. A causa di questo disequilibrio, il costo dei noli ha assunto un trend di crescita esponenziale arrivando in alcune tratte (come quella Far East – Mediterraneo) a segnare aumenti anche del 500%. Inoltre, le politiche di controllo dell’offerta di stiva delle shipping line hanno comportato un drastico peggioramento del servizio offerto in termini di tempi e affidabilità delle spedizioni a causa dell’inadeguatezza dei servizi garantiti rispetto alle esigenze del commercio internazionale.
Il 2021 si è chiuso, comunque, al netto di difficoltà e disservizi con ottimi risultati in termini di crescita del Pil e del commercio internazionale, a livello Mondo e anche per il nostro Paese che ha segnato un +6,1% del Prodotto Interno Lordo rispetto al 2020, sostenuto dall’aumento della domanda dei consumatori e dalle politiche di investimento da parte di Stato e imprese. Tuttavia, tutte le previsioni di crescita sono state messe in discussione con lo scoppio della crisi geopolitica tra Russia-Ucraina: è ormai chiaro che la guerra e l’applicazione delle sanzioni comprometterà la fase espansiva dell’economia aggravando, inoltre, le criticità già presenti: impennata del costo del trasporto – in particolare del trasporto container via mare – congestionamenti delle filiere di approvigionamento, crescita dei costi delle materie prime e dell’inflazione che anche nel nostro Paese ha superato il livello del 6%. A questo si aggiungono gli effetti delle chiusure degli hub logistici in Cina – dettati dalla politica zero casi-Covid – l’ultima delle quali nel centro produttivo e logistico internazionale Shanghai.
Dunque, cosa fare?
Lavorare per rendere le supply chain sempre più resilienti grazie alla collaborazione di tutti gli attori della filiera. Come imprese di spedizioni stiamo lavorando per migliorare processi e procedure che siamo in grado di governare adeguando le nostre strutture organizzative, investendo in formazione e competenza del nostro asset più prezioso – le persone – e nell’innovazione digitale. Alle istituzioni politiche e alle autorità competenti continuiamo a chiedere di tutelare la trasparenza e la concorrenza nel mercato, in particolare nel settore dello shipping. I fenomeni presentati in questo articolo in riferimento alle politiche adottate dalle compagnie marittime si inseriscono, infatti, in una riflessione più ampia sulle strategie e scelte di mercato del mondo armatoriale iniziate ben prima del 2020 – processi di integrazione verticale, gigantismo navale, concentrazione crescente nel settore – agevolate dai vantaggi derivanti da esenzioni parziali della normativa europea sulla concorrenza (Consortia Block Exemption Regulation) di cui godono le shipping line e rispetto alle quali da anni richiamiamo le istituzioni ad aprire una riflessione. Per questo, mi preme sottolineare da ultimo come la sinergia tra industria logistica e filiere produttive possa fare la differenza anche nel sensibilizzare stakeholder, opinione pubblica, consumatori, sui vantaggi degli investimenti pubblici e privati in infrastrutture materiali e immateriali che garantiscano una risposta competitiva del sistema paese alla domanda logistica in termini di efficienza e tempestività.