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Il nuovo mercato outdoor, tra stabilità e nuove opportunità: intervista a Sandro Parisotto – S.C.A.R.P.A.

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1. Estate 2025: un paradosso – Secondo l’Osservatorio Turismo Outdoor Human Company 2025, le presenze estive hanno superato i 55 milioni, ma il tasso di crescita è ormai marginale (+1%) (link). Come giudicate l’andamento della stagione appena conclusa? La crescita marginale riflette un mercato maturo, o ci sono segnali di opportunità ancora inesplorate per stimolare vendite e innovazione? Quali prodotti o segmenti hanno performato meglio e quali invece hanno deluso le aspettative?

L’estate 2025 ci conferma quello che vediamo da alcune stagioni: il mercato dell’outdoor si è assestato. Dopo gli anni particolari del post-pandemia, oggi c’è più equilibrio. Le persone continuano a frequentare la montagna e a fare attività all’aria aperta, ma lo fanno in modo più consapevole. Per noi non è un segnale negativo, anzi: è uno stimolo a continuare a rinnovarci. L’outdoor cambia, manifestando nuove esigenze, nuovi modi di vivere la montagna e il tempo libero. È lì che vogliamo crescere, facendo valere il nostro sapere fare e la nostra capacità di leggere le necessità che arrivano dal mercato.

I segmenti più vivaci restano il trail e il walking, perché sempre più persone camminano per stare bene e vivere la natura in modo semplice. Anche l’urban outdoor va molto bene: modelli come la Mojito continuano a parlare a un pubblico molto ampio. Più complicata invece la parte neve, perché il clima è imprevedibile e ogni stagione fa storia a sé. Ma non per questo pensiamo che la passione per la montagna stia diminuendo: semplicemente cambia. E noi vogliamo essere pronti ad accompagnare questo cambiamento, come abbiamo sempre fatto.

2. Il nodo del prezzo – Il report FAITA/Ciset 2025 segnala che i turisti open-air spendono di più (+2,4% tariffe medie), ma i margini per operatori e brand si riducono. Anche l’outdoor equipment rischia di diventare un mercato “premium ma compresso”: fino a che punto i consumatori accettano prezzi più alti? E dove rischia di rompersi l’equilibrio?

Il tema del prezzo oggi è complicato per tutto il nostro settore. I costi di materie prime, trasporti ed energia sono ancora alti, mentre il consumatore è molto più attento di prima: vuole capire cosa compra e perché dovrebbe spendere di più. E secondo me fa bene. La disponibilità a pagare c’è, ma solamente se il valore è chiaro.

Da questo punto di vista abbiamo un punto di forza: gran parte della nostra produzione è ancora interna. Questo ci permette di seguire ogni fase del lavoro e garantire una qualità che si vede e si percepisce. Non cerchiamo il “premium” come slogan, ma come sostanza: scarpe che durano, comode, performanti, e fatte con materiali e processi sempre più sostenibili.

Il problema nasce quando i prezzi crescono senza che cresca il valore percepito. Per questo continuiamo a investire tanto in ricerca, in materiali come il PEBAX Rnew e in progetti come Re-Shoes, che non sono operazioni di immagine ma innovazioni vere. E il consumatore questa coerenza la riconosce. In generale, vedo un mercato più selettivo, ma anche più maturo. Chi sceglie SCARPA lo fa sapendo cosa c’è dietro a ogni prodotto: trasparenza, manifattura.  Ed è proprio questo che ci permette di mantenere le aspettative delle persone.

3. Generazione Z e consumi – Il 62% dei Gen Z europei preferisce marchi che comunicano “purpose” oltre al prodotto (Deloitte Global Gen Z Survey, 2024). Che linguaggio funziona con chi ha 20 anni e vede la montagna più su Instagram che dal vivo?

Le nuove generazioni vivono la montagna in un modo un po’ diverso dal passato: meno concentrati sulla performance e più sulla soddisfazione dell’esperienza. Non è solo una questione di età, è proprio un cambiamento culturale. Molti ragazzi arrivano alla montagna tramite i social, e per me non è un problema: è un punto di partenza. Se da una foto o un video nasce la curiosità di andarci davvero, abbiamo già fatto un passo avanti.

Per parlare ai ventenni serve essere autentici. Non vogliono messaggi fasulli o costruiti, ma storie vere, persone sincere e valori concreti. Da questo punto di vista, SCARPA ha un vantaggio: abbiamo contenuti veri e tantissime persone che rappresentano questo mondo. Basta raccontarli con genuinità.

Negli ultimi anni abbiamo cercato di affiancare al prodotto un racconto più ampio, fatto di libertà, rispetto per l’ambiente, consapevolezza e voglia di stare bene. È un messaggio che vale per tutte le età, ma la Gen Z lo capisce al volo, perché cerca coerenza: quello che dici deve corrispondere a quello che fai.

4. Tecnologia invisibile – L’innovazione outdoor oggi è meno “wow” e più nascosta: membrane, suole, materiali bio-based.
Come si comunica al consumatore un’innovazione che non si vede ma si sente solo dopo 10 ore di cammino? Sta cambiando anche il marketing tecnico?

Oggi l’innovazione non si vede subito, ma si percepisce quando metti la scarpa ai piedi. Parlo di comfort, leggerezza, durata: sono dettagli nascosti dentro il prodotto, frutto di prove, di ricerca e di test fatti sul campo. Non è innovazione di facciata, ma di contenuto. Non basta dire che un materiale è nuovo: bisogna far vedere che funziona. Per questo collaboriamo con atleti, guide alpine e ambassador che provano le scarpe sul campo. E investiamo molto anche sulla formazione della rete vendita, perché sappia trasformare la tecnica in sensazioni concrete per il cliente.

5. Navigare i dazi: strategia outdoor nel nuovo scenario USA – Negli USA da aprile-2025 l’introduzione dei dazi ha creato un aumento dei costi per le importazioni di materie prime o prodotti finiti decisamente importante.
Come state adattando la vostra strategia aziendale per entrare o restare competitivi nel mercato statunitense in questo contesto di dazi elevati? State rivedendo la produzione, la logistica, il pricing o addirittura la scelta dei paesi produttori per evitare l’impatto tariffario?

 Gli Stati Uniti per noi sono un mercato irrinunciabile, che da anni dà un contributo importante allo sviluppo di SCARPA. È vero che in questo momento dazi e tensioni commerciali complicano un po’ le cose, ma preferiamo guardare alla situazione con una prospettiva più lunga.

La nostra strategia non cambia: puntiamo su qualità, efficienza e controllo della nostra filiera. Il fatto di produrre ancora una buona parte delle calzature nei nostri stabilimenti produttivi e di seguire da vicino tutta la filiera ci aiuta anche quando il contesto diventa meno favorevole.

6. Medio Oriente: hype o opportunità concreta? – Con progetti come la Saudi Vision 2030e grandi investimenti nel turismo sportivo/esperienziale, Arabia Saudita e UAE puntano forte sull’outdoor.
State valutando partnership locali, distribuzione o joint venture in Medio Oriente? Quali rischi (culturali, normativi, logistici) e quali potenziali ritorni reali vedete per brand con specializzazione tecnica?

Il Medio Oriente è una zona che negli ultimi anni sta cambiando molto e che guarda sempre di più al mondo dell’outdoor. Ci sono tanti progetti legati al turismo esperienziale e alla sostenibilità che aprono opportunità interessanti. Però, per un’azienda come la nostra, che basa la propria forza sulla credibilità tecnica e su una produzione fatta di vero know-how, entrare in nuovi mercati richiede sempre basi molto solide: una distribuzione affidabile, la conoscenza del territorio e il rispetto dei valori locali. In questo momento stiamo osservando da vicino cosa sta succedendo nella regione, seguiamo le evoluzioni e manteniamo un dialogo costante con nostri partner commerciali. Se ci saranno le condizioni giuste, sapremo fare i passi con la calma e la concretezza che ci contraddistinguono.

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